IL MESTIERE DI GIORNALISTA
DAI MEDIA TRADIZIONALI ALLA RETE.
Sette anni non sono un lungo periodo storico. Eppure sembrano
una vita per tutti coloro che hanno vissuto intensamente
il boom di Internet e le speranze di rinnovamento del
giornalismo che la Rete ha suscitato.
Bilancio? A prima vista si direbbe che tra il 1995
e il 2002 sia successo tutto e niente.
Perché siamo passati troppo in fretta dall’entusiasmo
dell’avanguardia, all’esaltazione del consenso di massa,
alla depressione della prima crisi dell’era di Internet.
In Italia e nel mondo sono nate decine, centinaia, migliaia
di nuove iniziative giornalistiche. In gran parte, sono
state generate da bisogni reali ma visioni irrealistiche.
Molte, troppe hanno chiuso. E molte tra quelle che hanno
tenuto, spesso appartenenti a testate tradizionali,
sono in fase di ristrutturazione e riduzione di organici.
Eppure, approfondendo, il bilancio è molto meno banale.
Varrebbe la pena di gridare: «Giornalisti innovatori
ancora uno sforzo!»
Lo snodo fondamentale della partita resta infatti da
affrontare. Troppi fenomeni, confusi e sovrapposti,
si sono incaricati di rimandare la soluzione del problema
centrale: come riprogettare il mestiere dei giornalisti
di fronte alla grande trasformazione, tecnologica, economica,
culturale, non solo per superare la crisi ma anche per
coltivare tutte le opportunità di miglioramento.
È vero che i giornali online faticano a trovare il
loro modello di business. Ed è vero che molti editori
che si erano lanciati nell’avventura di produrre notiziari
per il Web si stanno ritirando o hanno deciso di ridurre
l’impegno. Ma è pure vero che i lettori apprezzano sempre
più chiaramente le versioni online dei notiziari: e
lo dimostrano con i milioni di pagine al giorno che
leggono sui siti dei maggiori quotidiani italiani in
Rete. Insomma, piaccia o non piaccia agli editori di
questo periodo di magra borsistica, un fatto è certo:
Internet cambia il giornalismo.
Perché? Ecco alcune motivazioni:
· Aggiunge sempre nuovi strumenti alla già vasta gamma
di linguaggi a disposizione dei giornalisti.
· Modifica il rapporto tra i giornali e il pubblico.
· Trasforma la relazione dei lettori con il materiale
informativo disponibile.
In questo corso vedremo perché queste novità introdotte
dalla Rete nel giornalismo sono importanti e come influiscono
sulla vita dei giornalisti e la definizione del loro
futuro. Ma non possiamo neppure nasconderci le motivazioni
degli scettici che osservano come Internet non cambi
sostanzialmente il mestiere dei giornalisti e dei critici
che sostengono come Internet rischi addirittura di fare
un passo indietro alla professione, indebolita dalle
strategie degli editori che ne comprimono gli spazi
di libertà, colpita da fenomeni come l’information overload
e la produzione di informazioni non giornalistiche da
parte di organizzazioni non editoriali ma che insistono
sullo stesso insieme di bisogni del pubblico.
L’entusiasmo, la critica e la visione prospettica,
insieme, sono i valori che ci accompagnano in questo
corso e che ci sostengono nel lavoro. L’uno non esiste
davvero senza l’altra; e viceversa. E questa è un’esperienza
che probabilmente sentiranno di condividere tutti coloro
che, in prima persona, abbiano affrontato il giornalismo
online fin dalle origini con grandi speranze e abbiano
vissuto tutte le difficoltà che questa giovane modalità
di svolgere la professione impone a chi la adotta.
I problemi sono effettivamente molti. All’interno della
professione, innanzitutto. Sintetizzabili nel rapporto
conflittuale, osservato da Riccardo Staglianò nel suo
libro sul giornalismo online, tra i giornalisti online
e gli altri. Da un lato, è vero che la Rete si è presentata
con un approccio spesso sfrontato e rivoltoso nei confronti
della tradizione giornalistica. Dall’altro, è altrettanto
vero che l’establishment giornalistico ha, da subito,
adottato un atteggiamento di superiorità nei confronti
di chi sceglieva di lavorare per il nuovo mezzo, tanto
da arrivare a percepire le redazioni online come popolate
da giornalisti «di serie B». E così, tra vittimismo
e arroganza, i giornalisti online si sono trovati a
vivere sentimenti contrastanti, periodi di superlavoro
e periodi di mancanza di lavoro, momenti di centralità
strategica e momenti di marginalità. Con conseguenze
gravi sul piano delle motivazioni.
Si tratta ovviamente soltanto di problemi di crescita.
Ma quale sarà la forma della maturazione che prima o
poi arriverà?
La soluzione, da questo punto di vista, non può che
essere una conciliazione tra i mezzi tradizionali e
il nuovo. L’esperienza del «New York Times», per esempio,
dimostra numeri alla mano che la versione online può
aumentare la redditività della versione cartacea (come
è vero del resto che un giornale di carta prestigioso
ha buone probabilità di trovare un vasto pubblico anche
online): la metà degli utenti registrati alla versione
online del quotidiano newyorkese non avevano mai preso
in mano il giornale di carta e dall’apertura del sito
gli abbonamenti alla versione cartacea sono aumentati
in maniera costante e soddisfacente. Del resto, il caso
del «Washington Post» dimostra che una redazione competente
su un argomento, in questo caso la politica americana,
può espandersi abbandonando la concentrazione sull’unico
linguaggio del medium di carta allargandosi all’utilizzazione
contemporanea di diversi media, dal giornale cartaceo,
alla tv e a Internet. Ma il successo dipende dalla qualità
giornalistica e manageriale di chi fa e governa i giornali.
Online nulla si impone e tutto si conquista. Perché
il popolo della Rete non sta mai fermo: reagisce, tradisce,
si stanca, si appassiona.
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Riferimenti:
Riccardo Staglianò, Giornalismo 2.0. Fare informazione
al tempo di Internet, Carocci, Roma, 2002.
Robert S. Boynton, New media may be old media’s
sayvior, in «Columbia Journalism Review»,
July/August 2000;
http://www.cjr.org/year/00/2/boynton.asp
Grazia Visconti, Giornalista online. Dal Web writer
al Web editor, Franco Angeli, Milano, 2002. Si può
partire dal sito: http://www.giornalistaonline.net/index.html
Da vedere il sito Web Content Management di Ateneo Multimediale:
http://www.webcontentmanagement.it.
E i lavori di Cinzia Ligas sulla semiologia della Rete:
http://www.netsemiology.com
Per una breve storia di Internet, che non è il
tema di questi appunti per un manuale di giornalismo
online, si potrà consultare: http://www.isoc.org/internet/history/brief.shtml.
Oppure:
http://www1.worldcom.com/global/resources/cerfs_up
/internet_history
La storia di Internet: da Arpanet alla posta elettronica,
per arrivare fino ai problemi generati dal Digital divide.
Questo sito è curato da Richard T. Griffits del
dipartimento di Storia dell’Università
olandese di Leiden. L’approccio ai fatti narrati
è già quello dello storico, documentato
con dati e grafici:
http://www.let.leidenuniv.nl/history/ivh/frame_theorie.html
Il rapporto fra media e loro utilizzatori:
Gli italiani e l’uso dei media: cinque gruppi
e undici tribù. Il rapporto Censis/ucsi. Sulla
comunicazione in Italia. Linee guida per la seconda
annualità del progetto (2002). Il rapporto risponde
a cinque domande chiave per capire come si dividono
gli italiani di fronte all’utilizzo dei media:
Quanti media usano gli italiani? E in quali combinazioni?
Qual è la graduatoria dei media più usati?
I media competono o coesistono fra loro? Tanti media,
tanti pubblici: l’interesse e l’utilità
di conoscerne le coordinate: http://www.censis.it/censis/ricerche/2002/ucsi/.
Il primo rapporto Censis, analizzato e commentato da
Giancarlo Livraghi: http://gandalf.it/dati/censis.htm
. Per chi si interessa di internet e di come la rete
influisca sui processi di comunicazione può risultare
interessante una visita proprio al sito personale di
Giancarlo Livraghi: http://www.gandalf.it/.
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